Qualche anno fa iniziò a delinearsi un’idea difficile da rappresentare con la forma d’arte che fino a quel momento avevo deciso di utilizzare come mezzo d’espressione; troppo complessa ed elaborata per poter essere racchiusa in versi per una canzone o un’opera.
Ma era valida, eccome se lo era…almeno nella mia testa… e così decisi di buttarla giù su carta senza alcuna pretesa o aspirazione.
Quello che accadde fu particolare; Le immagini vive nella mia mente si trasformarono in pagine, poi in racconti e per finire in un romanzo che mai avrei pensato di riuscire a concludere.
Sono ancora vividi i ricordi scolastici in cui, incapace di completare un tema in modo soddisfacente, approfittavo della bontà di un professore d’italiano. Ci permetteva di ricopiare la “bella copia” il giorno successivo, così lasciavo a mia madre l’ingrato compito di ultimare ciò che io non ero stato in grado di fare.
Quest’ultimo punto meriterebbe un approfondimento a parte solo per discutere su cosa un uomo può essere in grado di fare se spinto da una forte motivazione ma l’oggetto del discorso di oggi è un altro.
Per il significato e l’origine della parola riporto quanto è scritto su WIKIPEDIA.
Darśana (devanāgarī दर्शन, dalla radice sanscrita drś, cioè “vedere” ) è un aggettivo e un sostantivo neutro sanscrito dai molteplici significati.
In qualità di aggettivo darśana indica “che espone”, “che mostra”, “che sa”, “che insegna”, “che rivela”.
In qualità di sostantivo neutro darśana possiede numerosi significati che vanno dalla “vista”, all'”indagine”, al “discernimento”, all'”opinione”, alla “dottrina”.
Nell’ambito delle cosiddette “teologie” o filosofie religiose induiste il termine darśana indica un sistema teorico o interpretativo frutto di un “punto di vista”.
La scelta è ricaduta su questa parola dopo aver letto tutto il vocabolario Sanscrito, c’è voluto un bel pò ma credo di aver trovato quella che meglio rappresenta l’idea alla base del romanzo.
Il confine tra amore e odio, giusto e sbagliato, vita e morte perde il suo valore assoluto costringendo il lettore a confrontarsi con le contraddizioni più profonde che dimorano nell’animo umano.
La prima coscienza a sopravvivere alla morte biologica dà fiato a un thriller fantascientifico aperto a riflessioni sulla spersonalizzazione della coscienza umana di fronte al progresso tecnologico e alle empie derive del liberismo digitale.
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